
Il controllo del Gruppo Zucchi, con il recente aumento di capitale, è passato nelle mani di Gianluigi Buffon. Si è chiuso un capitolo del capitalismo tessile italiano. Il futuro prossimo lo racconta Riccardo Carradori, amministratore delegato del Gruppo. Neanche il tempo di svuotare il calice delle bollicine di rigore e siamo già seduti di fronte all’architetto del rilancio del Gruppo Zucchi, quel Riccardo Carradori che già incontrammo un anno e mezzo fa e che, fin da subito, mise in chiaro che per far ripartire la corazzata tessile di Rescaldina non bastavano aggiustamenti, ma una vera e propria rifondazione. Dai progetti ai fatti, dalle dichiarazioni agli atti concreti. A distanza di sedici mesi ci troviamo di fronte a una serie di azioni che, a parte gli ovvi ritardi e le difficoltà, dimostrano che il progetto è quanto mai serio e profondo e mira a ridare al Gruppo Zucchi non tanto una centralità pseudostorica all’interno del panorama tradizionale del settore, quanto il primato come più importante rappresentante dell’Italian Life Style nel mondo per l’arredamento tessile della casa. Dunque, per ricominciare a correre, il Gruppo Zucchi ha dovuto indossare le scarpe e l’abbigliamento giusto, ha dovuto ridare tonicità ed elasticità ai muscoli e rifarsi il fiato per reggere alla distanza. Permetteteci il paragone sportivo, dato il ruolo fondamentale assunto da Gianluigi Buffon, il “portierone nazionale”. Le sue iniezioni di denaro nella società lombarda ammontano a quasi 25 milioni di euro e con l’ultimo aumento di capitale la sua quota di azioni ha superato il 56% (le banche si sono attestate nell’intorno del 13% e la famiglia Zucchi è scesa di poco sotto il 10%, il restante 20% circa è collocato in Borsa). Il riferimento “sportivo” è quindi quasi d’obbligo. E, naturalmente, ci vuole un buon allenatore: e qui entra in gioco Riccardo Carradori, un vero e proprio “mister” capace di procedere nel 2013 a spron battuto nell’applicare il nuovo corso strategico che, da elenco di desiderata, ha preso la forma di un vero e proprio piano quinquennale. Piano che, naturalmente, vede la riprogettazione dei negozi e dei flagship store come elementi centrali del rilancio, insieme all’accelerazione sul fronte dell’internazionalizzazione ma, come vedremo, non è composto solo da questi progetti.
Protagonisti in tutto il mondo
Vale la pena di rivedere i punti che compongono il piano strategico del Gruppo Zucchi con le esatte parole dettate dai comunicati ufficiali. Prima di tutto il fine: “L’obiettivo del piano - recita il comunicato - è quello di favorire il passaggio da tradizionale produttore domestico industriale di biancheria per la casa a leader internazionale nei segmenti Home Fashion e Home Innovation, distinguendo nettamente i ruoli tra chi vende (B2C) e chi produce ( B2B), per una piena espressione dell’ Italian Life Style che le marche del Gruppo devono essere in grado di valorizzare soprattutto all’estero. Il nuovo modello di business punta inoltre rafforzare la leadership delle marche Zucchi e Bassetti in Italia, incrementando ulteriormente le relative quote di mercato”.
I pilastri su cui si regge la nuova strategia sono dieci:
1. L’accelerazione del processo di internazionalizzazione sui mercati di prossimità (Germania, Austria, Svizzera, Spagna, Nord ed Est Europa);
2. La penetrazione sui mercati emergenti avanzati (Cina e Brasile);
3. Il rafforzamento della presenza del Gruppo nel mercato statunitense, primo mercato al mondo, capitalizzando l'ultra-decennale esperienza Mascioni nel private labelling in tale area;
4. La progressiva specializzazione e maggiore indipendenza delle tre unità di business strategiche (Zucchi, Bassetti e Mascioni);
5. La chiara diversificazione e caratterizzazione delle marche, Zucchi Home Fashion (nel segmento premium-luxury) e Bassetti Home Innovation (nel segmento medium-high con un posizionamento più “democratico”);
6. La selezione dei canali distributivi in funzione del peso, della capillarità, del potenziale di sviluppo, delle prospettive di redditività e della capacita di generare cassa;
7. La profonda revisione dei format Retail monomarca che verrà declinato sia sui punti vendita già esistenti nei prossimi tre anni sia in nuovi mercati e territori in funzione di un’attenta analisi di geo-marketing;
8. Il processo di razionalizzazione della pianificazione commerciale, delle attività produttive e della Supply Chain per ottimizzare la gestione dei magazzini e diminuire il time to market migliorando il servizio ai clienti;
9. Una forte spinta all’innovazione di processo e di prodotto per consentire di ritrovare volumi, redditività e capacità di generare cassa con la gestione operativa;
10. Un importante ritorno in comunicazione con un nuovo e più efficace approccio al media- mix.
Ma quanto di tutto ciò è stato portato a compimento? Risponde Carradori: «Tanto, per lo sforzo messo in campo in tutto questo tempo con le sole nostre possibilità. Iniziando dal mercato domestico. I dati Sita a valore sull’anno mobile al 31 ottobre 2013 indicano un -6,7%, mentre le nostre vendite nette al 31 dicembre mostrano un -5,6% e quindi evidenziano una performance migliore di quella del mercato, soprattutto se si considera che i mesi di novembre e dicembre, generalmente i più performanti dell’anno, nel 2013 hanno sofferto ancor più di quanto le già pessimistiche aspettative lasciavano intravedere solo sei mesi fa. Sotto il profilo delle risorse finanziarie va evidenziato che parte dell’aumento di capitale in opzione di 20 milioni di euro, appena eseguito, è destinato a sostegno della politica degli investimenti. Non solo. A questo si aggiunge, dal punto di vista del rafforzamento patrimoniale, la parte di aumento di capitale riservata alle banche forte di altri cinque milioni, convertiti dal debito al capitale, con il conseguente stralcio del debito consolidato di ulteriori dieci milioni di euro, determinando così un provento finanziario non ricorrente. Una situazione d’inizio anno certamente non comune alla maggior parte degli operatori del settore. Però questo è il risultato delle operazioni finanziarie più recenti. Tutto quello che abbiamo portato a compimento nei mesi precedenti, e non è poco, si è poggiato solo ed esclusivamente sulle risorse aziendali. Ad aprile 2013 abbiamo cominciato con l’apertura del primo official store Zucchi Home Fashion a Milano, in Via Cherubini. In agosto, a Shangai, abbiamo inaugurato una show room da 300 metri quadrati sempre sotto il brand Zucchi Home Fashion, un’apertura che ha suscitato grande interesse in Cina tra i rappresentanti dei maggiori department store del paese. Poi negli Usa, in occasione della Market Week autunnale e in concomitanza con la presentazione del progetto Diesel Home nelle show room di Moroso, Foscarini e Scavolini a Soho, per aprire una show room di Gruppo da 500 metri quadri sulla 5a Strada, a seguire ritorno in Italia per l’apertura di settembre del nuovo Concept Store Bassetti Home Innovation di 200 metri quadri a Milano in C.so Buenos Aires. Di nuovo all’estero a ottobre, in Sudamerica questa volta, per aprire tre flagship store Zucchi Home Fashion in Brasile, due a San Paolo ed uno a Brasilia (ai quali seguirà quello di Rio de Janerio nel mese di aprile 2014, ndr). Infine, novembre e dicembre ancora a Milano per due flagship store Zucchi Home Fashion a Milano di 200 metri quadrati in Via Solferino e di 500 metri quadrati in Corso Genova. A tutto ciò aggiungiamo la firma nel mese di novembre per una nuova partnership con il distributore cinese Luolai (quotato alla Borsa di Shenzen), che coinvolge sia la marca Zucchi che la marca Bassetti e che prevede il passaggio dagli attuali 48 punti vendita a 180 nei prossimi 5 anni. Peraltro, in febbraio, verrà inaugurata a Shanghai una show room Bassetti Home Innovation di 250 metri quadri. Un calendario che non trova pari riscontro in strutture ben più abituate della nostra a operare sul piano mondiale. Ma noi dobbiamo ancora aggiungere i progressi e il lavoro compiuto sul piano aziendale e sul mercato interno: mentre aprivamo nuovi spazi di vendita, abbiamo lavorato al dimezzamento programmato in due anni del magazzino, obiettivo che abbiamo raggiunto, e completato il nuovo management con dirigenti giovani e di assoluto valore come Annalisa Tani, nuova direttrice creativa e sviluppo prodotto (esperienze in Habitat/Ikea, Armani, Versace Home Collection & licensee ed Esselunga, ndr) e Monica Malabarba, nuova retail manager (ex Max Mara, Dainese, Natuzzi e altri, ndr)».
E ora, che fare?
Tanti appuntamenti e tante scadenze rispettate. Tuttavia non è che una parte dell’ambizioso progetto messo in campo per i prossimi cinque anni: «Il lavoro è appena iniziato - prosegue l’amministratore delegato, - prima di tutto dobbiamo mettere mano in maniera ancor più decisiva all’architettura delle collezioni delle marche. Ritengo che Zucchi sia abbastanza a posto, mentre Bassetti ha bisogno di un po’ di messa a punto. Zucchi ha raggiunto l’obiettivo di una ricollocazione verso la fascia alta del consumo (con la Zucchi Collection ancora più su, verso il lusso, accompagnata da Suite, mutuata dall’hospitality, e da Blocks, declinazione contemporanea degli antichi blocchi di stampa su supporti anche inusuali come la seta smerigliata, senza dimenticare il marcato ed evidente allargamento merceologico verso i complementi d’arredo) che ci ha già dato parecchie soddisfazioni, inoltre la nuova disponibilità alla personalizzazione dei blocchi di stampa (abbiamo trovato il modo di rendere ben ancorata la stampa a mano anche a fronte di lavaggi intensi) riscuote un interesse inaspettato, per questo dico che quel fronte sia pressoché completo. Per Bassetti Home Innovation ci sono accenti di migliore focalizzazione delle collezioni (soprattutto capsule e licenze) - la linea firmata da Kate Neckel e il nuovo accordo per la licenza con Pantone Universe ne sono un ottimo esempio - ma il lavoro non è finito. Certo da questo punto di vista effettivi risultati potremo vederli solo nella primavera del 2015, quando il giro delle collezioni avrà fatto almeno una “orbita” completa.
L’altro compito fondamentale è mettere a punto e razionalizzare l’offerta domestica, per poter affrontare la complessità della strategia d’internazionalizzazione. Lavorare sul retailing è un’operazione complessa e articolata, perché se vogliamo davvero giungere all’ottimizzazione della struttura, dobbiamo puntare a rendere davvero efficiente la nostra rete di vendita, per quanto articolata, anche nel dettaglio. Ciò significa procedere a una serissima selezione dei dettaglianti e a un’analisi di ciascun punto vendita a nostra insegna, soprattutto per ciò che riguarda i 53 negozi diretti che abbiamo sul territorio nazionale. Bisogna essere chiari e onesti: un serio programma di retailing può essere orientato al successo solo tramite l’attuazione di una strategia che punta alla redditività reale e alla snellezza della struttura. Ciò significa spazio al franchising, ma con un forte indirizzo e controllo degli investimenti sui punti vendita (che siano coerenti coi nuovi concept), delle scelte di assortimento e della qualità dei servizi resi. Un altro fronte importante è quello degli spacci e dei negozi outlet: nelle due formule abbiamo 16 punti vendita e queste strutture portano un fatturato che pesa oltre il 18% sul totale delle vendite dell’anno appena chiuso. In questo ambito le mie valutazioni sono precise: credo che lo sviluppo dei grandi villaggi outlet in Italia sia giunto alla sua fase di saturazione, oltretutto “asciugando” il magazzino con la dovuta attenzione diventa anche piuttosto complesso riempire tali spazi, mentre il factory store è una dimensione che ha ancora ampi margini di sviluppo, sulla quale investire con concept innovativi e coinvolgenti, seppur nel rispetto della dimensione chiave della convenienza per il consumatore finale.
Sul fronte internazionale abbiamo fatto un grande lavoro nel 2013, ma abbiamo anche capito che una strategia ben calibrata deve essere flessibile e adattabile in funzione dell’efficacia dei canali prevalenti in ciascun paese, cercando di sfruttare al massimo quelli sinergici coi nostri punti di forza. Infine, c’è il discorso di internet, dell’e-commerce e del web & social maketing, che non potevamo davvero ignorare. Dopo una serie di consultazioni di specialisti abbiamo scelto il Gruppo E-volve e con loro stiamo riorganizzando tutta la nostra presenza in rete con ciascuno dei nostri brand, ovviamente su scala globale e coerentemente con la nostra strategia di internazionalizzazione».
(Sergio Coccia)