Sergio Grasso, amministratore delegato Fratelli Guzzini
“Credo che ci sia spazio per fare del nostro Made in Italy uno dei principali motori di sviluppo del sistema Italia”: Sergio Grasso parla dell’orgoglio di progettare, fabbricare e confezionare in Italia. In linea con la normativa che definisce il prodotto Made in Italy in tutte le sue fasi, dal progetto alla confezione, così come fa l’azienda Fratelli Guzzini da più di 100 anni. Da qui parte l’appello che vorrebbe sensibilizzare le istituzioni affinché tutelino e valorizzino le aziende autenticamente Made in Italy, permettendo loro di promuovere la spinta propulsiva della crescita economica del nostro Paese.
Fratelli Guzzini nasce nel 1912 a Recanati e negli anni si è via via specializzata nella tecnologia dello stampaggio degli acrilici, e nella cura del design. Una storia interessante che la vede pioniera in un’area che ha contraddistinto il nostro paese e lo ha reso famoso. Negli anni Cinquanta, infatti, la famiglia Guzzini decise di fare arrivare a Recanati i primi designer: un’innovazione per quei tempi, e da lì è cominciato un percorso che ha avuto anche importanti feedback. “Pensare che gli italiani si possano distinguere nell’area della tecnologia, oltre che del design, come nel caso del nostro nuovo primato dello stampaggio a iniezione a tre colori “3 Color Tech”, ci fa particolarmente piacere e ci inorgoglisce”, afferma Grasso. Ma cosa implica davvero un prodotto Made in Italy? Dal punto di vista normativo – spiega Grasso – il Made in Italy si riferisce a un prodotto progettato, fabbricato e confezionato in Italia. E se facessimo una piccola indagine per sapere quanti sono i prodotti che rispondono a queste caratteristiche, forse scopriremmo una realtà un po’ diversa rispetto alla nostra percezione. “La nostra azienda fa questo da 104 anni, con umiltà e senso di responsabilità. Noi partiamo dalle materie prime accuratamente selezionate e arriviamo sullo scaffale dei nostri clienti”. Una prima considerazione, quindi – come nel caso di Guzzini – è la nostra scelta di non separare le varie fasi di produzione, perché se lo facessimo potrebbe venir meno il know how che attraverso la professionalità delle nostre maestranze si è potuto trasmettere di generazione in generazione. Ecco quindi che emerge un altro aspetto di natura etica, quello della protezione: il consumatore ha il diritto di non dover investigare per essere sicuro dell’autenticità del prodotto “Made in Italy” che intende acquistare, è pertanto necessaria una forte azione di pubblicità, chiarezza e trasparenza. Ci piacerebbe che le istituzioni ci sostenessero da questo punto di vista, consapevoli che la creazione di posti di lavoro, alla base della ripresa socio-economica del nostro paese, si genera fondamentalmente incentivando le nostre aziende ad adottare un modello di business realmente “Made in Italy Oriented”. Vale quindi la pena continuare a produrre in Italia? “Assolutamente sì, e se prendessimo realmente coscienza di quanta voglia di “italianità autentica” esiste nel mondo, e riorientassimo il nostro sistema industriale potremmo fare di questo bellissimo paese un Paese assolutamente straordinario.
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