Un manager di successo. Non è una definizione patinata quella che diamo di Ilario Dellanoce, amministratore delegato di freschissima nomina, con funzione di direttore generale, della Tempur Sealy Italia. Piuttosto è il frutto di un dialogo che ha messo in evidenza quanto il nostro interlocutore sia entusiasta del lavoro che svolge e fermamente convinto delle enormi possibilità che il gruppo industriale di cui fa parte offra al mercato, ai consumatori e, ovviamente, anche a lui. E c’è da credergli visto che stiamo parlando dell’azienda leader al mondo nel comparto del materasso.
In questo momento parlare con i dirigenti industriali di qualsiasi settore significa, quasi sempre, assistere a scuotimenti di testa, espressioni di smarrimento e di perplessità. Capita poi di ascoltare discorsi che esprimono certamente desiderio di rimonta e descrivono programmi e progetti mirati a conseguire tali risultati ma, al contempo, ben poca fiducia e ottimismo nelle reali possibilità di ottenerli. Bene, in questo panorama un po’ depresso (eufemisticamente parlando), intervistare un manager convinto e motivato, ottimista senza se e senza ma, fa decisamente bene alla psiche. In poche parole, ascoltare un manager felice. Stiamo parlando di Ilario Dellanoce, amministratore delegato con funzioni di direzione generale della Tempur Sealy Italia, salito alla carica dal primo settembre di quest’anno ma operativo nell’azienda da 7 anni. Giovane – classe 1971 – lombardo di Lodi, padre di quattro figli, aggressivo quel che basta, ma per nulla velleitario. Schietto e diretto, con alle spalle un curriculum di tutto rispetto: laurea in Economia e Commercio alla Università Cattolica di Milano, master in Bocconi sulla gestione aziendale, prime esperienze in Leica Microsystems poi, come controller, alla Fresenius Medical Care e, dal 2007, in Tempur Sealy Italia e, nel frattempo, frequenta un altro master in retail management. Dunque non un “figlio” del settore col destino segnato, nessun obbligo dinastico, ma l’arrivo nel comparto frutto semplicemente di una evoluzione professionale meritocratica. Da ciò ne deriva, nelle sue parole, nessuna difesa “d’ufficio” del segmento “familiare” d’operatività e quindi una visione lucida e schietta della situazione del settore. Il suo ragionamento parte da una considerazione tanto semplice quanto incontestabile: il gruppo di cui fa parte è leader assoluto nel mondo per il comparto di riferimento, i materassi, con un fatturato che supera ampiamente i tre miliardi di dollari e oltre un milione di materassi venduti ogni anno. Partendo da numeri del genere tutto diventa più realizzabile. Progetti e strategie, innanzitutto. Più realizzabili, ma non necessariamente più semplici. Difatti il suo argomentare è solido per le ampie possibilità di sviluppo che sono alla portata dell’azienda che dirige, ma non prescinde assolutamente dalle difficoltà reali che il mercato evidenzia nel nostro Paese. E queste non sono solo legate alla profonda crisi che limita i consumi, anzi, sono – secondo Dellanoce – maggiormente imputabili a una cultura del dormire decisamente più bassa e in ritardo rispetto al resto d’Europa.
Dottor Dellanoce, lei è un manager di un gruppo americano di successo mondiale. Nel nostro settore è una condizione un po’ anomala, forse unica per il settore arredamento e, soprattutto, per quello tessile casa: cosa significa far parte di un gruppo del genere?
Significa aver avuto una gran bella fortuna, innanzitutto! A parte gli scherzi è una sfida notevole e impegnativa ma certamente è una condizione di privilegio, perché un gruppo come Tempur garantisce strumenti e opportunità di sviluppo delle idee e dei progetti come pochi altri. Siamo di fronte a un caso da manuale dell’imprenditoria di successo. In meno di dieci anni Tempur ha stravolto il mercato semplicemente realizzando il prodotto migliore. Il punto di partenza è ovviamente il brevetto Nasa nato per realizzare un’imbottitura che aiutasse gli astronauti a sopportare l’enorme pressione raggiunta durante i viaggi dello Shuttle, ma i fondatori – svedesi e danesi – della Tempur sono stati geniali a cogliere l’opportunità di sviluppo nel mondo del dormire, trovando la “ricetta” – è non è una definizione allegorica – per abbassare il peso della materia mantenendone inalterate e caratteristiche. Così è nato il materasso. Il marchio, infatti, non è nient’altro che la contrazione di “temperature polyuretan” ovvero materia poliuretanica reagente alla temperatura corporea. Se mi permette il paragone, siamo di fronte a qualcosa di molto simile alla Coca-Cola: non c’è un brevetto di protezione, ma una ricetta, ovviamente molto ben protetta, per realizzare nel modo migliore il materasso comunemente conosciuto come “memory foam” ovvero viscoelastico a effetto memoria. Oggi, erroneamente s’identifica la materia con il nome Tempur. Questo ci lusinga e dimostra che siamo nel giusto, ma non è così. Tempur è il marchio di una ricetta di viscoelastico, la migliore di tutte, ma non del viscoelastico in termini generali. Non facile da spiegare ma indispensabile per dare la vera percezione qualitativa delle nostre collezioni. Oggi Tempur Sealy, come gruppo, supera i tre miliardi di dollari di fatturato e vende ben oltre il milione di pezzi: non dico che tali risultati non siano stati raggiunti anche attraverso un congruo investimento pubblicitario, ma sono certo che la miglior pubblicità è stata quella del cliente, la sua soddisfazione e il fatto che una volta provato questo materasso quasi nessuno torna indietro. Il “viral marketing” o meglio, il buon vecchio “passaparola”, ha avuto un ruolo fondamentale. Le do solo un dato: in Italia noi vendiamo qualcosa come 24mila posti letto all’anno, abbiamo rientri che non superano le cinquanta unità anno. Capisce che, prima di tutto, c’è la soddisfazione del cliente ad attestare il valore del nostro prodotto. È chiaro quindi che essere manager in questa realtà è un evidente vantaggio ma, nel caso dell’Italia, è anche una sfida non indifferente perché, rispetto agli altri mercati, partiamo da una cultura diffusa del dormire davvero bassa. Insomma ci sono tante luci e qualche ombra. O meglio, tanto, tanto lavoro da fare.
Un gruppo tanto grande e potente che, solo pochi anni fa, ha inglobato il suo principale concorrente – Sealy – leader americano, e mondiale, nei materassi a molle…
Sì, e infatti la leadership mondiale è passata dalla specifica tecnologia del viscoelastico a quella complessiva del materasso. Al di là delle politiche di acquisizione e di rafforzamento dei marchi, l’aspetto più convincente – per quello che mi riguarda come manager, ma credo anche per il consumatore finale – è che la strategia di base di Tempur non è cambiata nel momento in cui è diventata Tempur Sealy. A questa azienda, a tutte le sue filiali e indipendentemente dai mercati di riferimento, non è mai interessato fare un materasso “bello”, mentre è fondamentale fare un materasso efficiente. Sembra una banalità ma è un contenuto sostanziale. Posto che la nostra presenza sul mercato non si misura mai sulla concorrenza di prezzo e che il materasso è un oggetto chiuso, il cui contenuto difficilmente può essere valutato dal consumatore (anche lo spaccato da esposizione – diciamoci la verità – lascia un po’ il tempo che trova), il nostro obbligo è dare delle risposte: facili, immediate, comprensive e verificabile a livello di performance. Nella domanda lei cita Sealy: in questo caso, per esempio, noi rifiutiamo il concetto di puro “marketing aleatorio” sul numero di molle contenute da un materasso, non è quello il problema, piuttosto le nostre molle non sono in ferro o in acciaio, ma in titanio, materiale che restituisce le migliori risposte d’utilizzo e di durata nel tempo. E per continuare su questo argomento: il nuovo materasso Sealy Hybrid – molle e viscoelastico – è appunto la semplice intersezione delle due tecnologie senza altri accessori inutili come lastre di schiuma differenziate, tessuti trattati o quant’altro. Un prodotto “secco” e chiaro da spiegare e da valutare. Pochi arzigogoli e tanto contenuto d’efficienza. Risultato? 250 milioni di dollari di vendite solo nei primi mesi negli Usa.
Parliamo di distribuzione. Un gigante come il vostro potrebbe facilmente investire in una distribuzione autonoma sotto insegna proprietaria. Tempur è molto conosciuto come marchio quindi nel momento in cui diventa insegna potrebbe essere un innegabile vantaggio. Invece non lo fate, continuate ad appoggiarvi a una distribuzione specializzata indipendente. Ci spiega questa strategia?
Per noi il dettaglio indipendente è indispensabile e noi, per il dettaglio, possiamo essere un grande vantaggio competitivo. Dalla qualità di questo rapporto possiamo trarre entrambi enormi benefici. Lei ha ragione: se il gruppo decidesse, anche solo per l’Italia, una diversa politica distributiva, la sua forza finanziaria gli permetterebbe di aprire una catena di monomarca in breve tempo. Non lo fa perché ha sempre considerato il dettagliante specialista un partner indispensabile: il trait d’union imprescindibile con il consumatore finale. La filiale italiana esiste da meno di dieci anni ed è già leader della fascia premium del mercato nel nostro Paese. Un mercato molto difficile nel quale a un valore complessivo di circa 250 milioni euro annui corrisponde una vendita di circa 1 milione e seicentomila pezzi. Facile fare il conto di quanto sia basso il prezzo medio per posto letto. In questo quadro Tempur Sealy Italia viaggia attorno ai 12/13 milioni di fatturato, con una collezione che viaggia, mediamente, a prezzi al pubblico che sono una decina di volte quelli della media sopracitata. E siamo in crescita costante. È evidente però che il nostro obiettivo distributivo non può prescindere da un solo dovere: preservare il dettaglio specializzato come canale di garanzia e fiducia per il consumatore. Noi ci mettiamo brand e qualità del prodotto ma è il dettagliante che deve spiegare e consigliare in prima persona.
Eppure qualche negozio l’avete aperto e siete attivi nelle campagne di vendita televisive. Non solo, fate anche vendite via internet dal vostro sito, non c’è una contraddizione con quello che dice?
Assolutamente no e lo spiego subito. I punti di vendita di Roma, Torino, Caserta e Venezia sono modelli, flagship dimostrativi che servono a illustrare in cosa consiste il negozio ideale per Tempur Sealy. Non solo. Sono anche centri d’incontro e informazione per il consumatore finale e per il nostro partner negoziante. Inoltre l’area del sito dedicata allo “store locator” è particolarmente curata per poter dare tutte le informazioni necessarie sulla rete di distribuzione, che oggi è composta da circa 450 punti di vendita sul territorio nazionale. La televisione poi è una pratica pubblicitaria e di diffusione importante, nella quale però noi non facciamo nessuna confusione: non ci sono offerte speciali, non ci sono pacchetti sterminati di prodotti in offerta e, soprattutto, i prezzi sono quelli del listino ufficiale in mano anche ai negozianti. Stesso discorso vale per il sito internet, anzi in questo caso, a parte promozioni speciali che avvengono come possono avvenire in qualsiasi punto di vendita, il sito diventa un riferimento e guida sui prezzi che il consumatore potrà ritrovare in negozio. Una garanzia di chiarezza in più per quei consumatori ormai affezionati a internet per i loro acquisti: in Italia non sono tanti ma cominciano a essere una realtà da non dimenticare. In sintesi sono formule di promozione pubblicitaria importanti per ottenere visibilità presso l’utente finale, ma non vanno a ledere la politica distributiva generale che è una e una sola, basata sul punto di vendita indipendente.
Ultima considerazione, lei accennava a una cultura italiana del dormire piuttosto bassa. C’è molto da fare da questo punto di vista?
Sì, c’è molto da fare. I numeri che abbiamo citato prima dicono che, a livello di massa, la percezione di spesa per un materasso è di circa 200 euro. Impossibile, assolutamente impossibile che sia un prodotto di qualità. Eppure credo di non sbagliare se affermo che il 70% dei consumatori italiani è convinto che sia la cifra massima da investire nella qualità del proprio sonno. Non a caso ci troviamo poi con oltre dieci milioni di italiani che soffrono di mal di schiena. Questa considerazione se ne porta una diretta appresso: essere leader del segmento premium non può in alcun modo permetterci d’ignorare la concorrenza. Facciamo due valutazioni ulteriori: la prima è che con l’acquisizione di Sealy la nostra azienda è diventata trasversale alle tipologie di prodotto e dunque, per definizione, non più di nicchia; la seconda è che in Italia il prodotto materasso viene ancora cambiato con una frequenza lontanissima dalla media internazionale. Vent’anni contro i dieci della media mondiale. Essere scelti da un cliente finale oggi, significa “toglierlo” idealmente dal mercato per un lungo tempo e quindi non ci si può limitare alla collocazione sulla gamma più alta del consumo. Bisogna lottare senza sosta per allargare la base di consumo, ma avendo scelto di non fare nessun compromesso sulla qualità e nessuna battaglia al ribasso sul prezzo, non abbiamo alternative, dobbiamo insistere sulla comunicazione e sulla percezione delle differenze tra le nostre collezioni e quelle della concorrenza. Non servirebbe neanche uscire con un materasso diverso ogni sei mesi – la nostra struttura ce lo permetterebbe, ovviamente – perché data la cadenza di consumo, sarebbe assolutamente inutile. Quindi è ovvio che dobbiamo puntare sulla cultura di settore, per rendere cosciente e conoscente il consumatore “prima” dell’occasione d’acquisto. Mi ripeto, lo strumento principe per questa strategia e la partnership col negoziante indipendente.
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