Design, architettura ma anche arredamento e moda, è ampio il campo d’azione di Stefania Braga, Matteo Nicotra e Luca Veltri che con l’affettuoso pastore tedesco Biagio, formano il Laboratorio.quattro, una realtà progettuale nata a Milano nel 2007.
«Ci siamo conosciuti presso lo studio di architettura di Piero Lissoni per il quale tutti e tre lavoravamo. Ad unirci da subito è stata la volontà di progettare per ambiti diversi, non focalizzandoci su un unico settore. Una nostra fonte di ispirazione è Gio Ponti che oltre a progettare case ne curava gli ambienti, creando mobili, complementi, piatti, carta da parati, piastrelle…».
Un progetto ambizioso che il team sta realizzando con successo collaborando con differenti marchi, quali F.lli Guzzini (con il quale ha realizzato la pratica lunch box O Eat per O Bag, nella foto), Glas Italia, Benetton, Felice Rossi, per non parlare dei lavori di allestimento per fiere, progettazione di interni privati, o a uso alberghiero come il Paradisus Papagayo resort a Guanacaste, in Costarica.
In che modo Laboratorio.quattro interpreta un universo come quello domestico, oggi in continua evoluzione? In un mondo complesso come il nostro, individuare tendenze dominanti è veramente difficile e forse ha poco senso. Abbiamo a che fare con i clienti più diversi, da quelli ipertecnologici, amanti della smart home a quelli che invece prediligono un mood minimale e di stampo più tradizionale. Più che imporre uno stile nostro ci interessa approntare in maniera sartoriale progetti ad hoc, modellandoli sui bisogni del cliente. Oggi il consumatore, grazie anche alla rete, è super informato. Direi quindi che in quanto specialisti il nostro compito è soprattutto quello di aiutarlo a mettere ordine tra la quantità di informazioni che possiede e la realizzazione di un progetto chiaro e coerente.
Dal design alla moda grazie alla collaborazione con O Bag. Non temete le critiche dei puristi, secondo cui le due discipline dovrebbero restare distinte? Il primo progetto che abbiamo realizzato per O Bag era un orologio, un oggetto quindi più di design che di moda. Ma detto questo, oggi i confini tra le discipline tendono ad allentarsi e trovo che sia un bene perchè dalla contaminazione possono nascere nuove stimolanti strade.
Per l’universo della tavola, dopo O Eat ci sono altri progetti in vista? È un mondo che ci stimola molto. Con una battuta potrei dire che un interessante progetto bolle in pentola…!