Mobile e biancheria casa: convergenze parallele

Quindi, nella vostra esperienza è ancora il tessile a dettare le regole della decorazione d’interni mentre nei moderni concetti di design parlare di tessuto e di tessile, salvo rari casi, è quasi un insulto…

Dalla apparente polemica tra design e tessile mi sono sempre tenuto fuori. Non mi interessa, noi abbiamo un’anima tessile a cui dobbiamo tutto e certo non la stravolgiamo. È innegabile che il letto, per esempio, una volta, parlo del secolo scorso per intenderci, era un oggetto che si poteva definire brutto ed era il tappezziere a decorarlo e a renderlo gradevole. Tutto ciò dagli anni sessanta è cambiato e la bellezza e la qualità delle forme ha indubbiamente fagocitato e oscurato la componente tessile. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che la visibilità della componente tessile non ha perso valore…

… ma, tra i biancheristi, in molti corrono verso il mobile e verso il Salone come se fosse l’ultima occasione di aprire nuovi mercati. Non ci sono continue contraddizioni in questi comportamenti?

Sì, può sembrare, ma dipende molto da quale anima si decide di mantenere. Non si può negare che il Salone del Mobile abbia una capacità attrattiva unica in termini di pubblico. E neanche che fuori dai confini nazionali l’approccio del negoziante alla fusione tra le due componenti sia più aperto e meno ideologico. Può sembrare assurdo, ma nei paesi che hanno meno cultura e tradizione decorativa, sia nell’ambito tessile sia in quello del design, il tema della decorazione viene affrontato con maggiore disinvoltura, il contenuto estetico viene letto con maggiore PATCH_DI_FIAMMATI_3facilità, ovunque esso sia. Questo facilita il dialogo e, in qualche caso, l’integrazione tra le due categorie o anche, e forse soprattutto, la supremazia di un’idea di stile, del comune denominatore di quello che ho già definito il concetto di “life- style”. Tutto sta a far sì che sia il più riconoscibile possibile tale idea. Detto questo però bisogna avere chiaro qual è il mondo a cui si fa riferimento. A una manifestazione come il Salone e a un mercato così complesso come quello del mobile non si va “facendo finta” di appartenere a quella sfera. Ci vuole onestà e chiarezza nel presentare un progetto non confusionario, nello stile ma anche nelle sue origini e peculiarità.

Che cosa significa, nel vostro caso, essere chiari e non confusionari?

Prima di tutto nei confronti di noi stessi l’articolazione della collezione e le caratteristiche delle categorie contenute nella Collection sono cristalline. Da un punto di vista creativo noi sappiamo che la componente tessile crea l’immagine, il colore, l’impatto emozionale mentre il “furnishing” presenta il progetto, scandisce gli spazi arredativi, sostiene la caratterizzazione complessiva dell’ambiente. Questo è il primo aspetto fondamentale per non sbagliare a costruire la nostra offerta: avere chiaro quali compiti svolge ciascuna componente. La nostra offerta oggi è sPATCH_DI_FIAMMATI_1uddivisa in tre grandi filoni: biancheria, living e furnishing. Gli ultimi due, insieme, rappresentano il 50% del fatturato, la biancheria fa il restante. Già tale suddivisione da il senso dei pesi concreti e di cosa detiene il pallino di quella che possiamo definire la “guida estetica”. Inoltre sappiamo perfettamente che le dinamiche di vendita tra categorie sono molto diverse: la biancheria vive una vendita diretta, il complemento mobile si vende principalmente su catalogo e il living è una sorte di via di mezzo. Non solo. La biancheria viene acquistata sommariamente dal consumatore finale, il complemento vive spesso nelle scelte di un arredatore o di un architetto. Tutte queste differenze sono ben chiare e determinano criteri e destinazioni distributive diverse fra loro. Una cosa è sperimentare, provare nuovi canali di diffusione, un’altra è forzare, quasi imporre, l’una tipologia sull’altra. Quando questo è avvenuto non ha mai portato vantaggi, anzi, è successo il contrario.

Insomma, è utopico pensare che si possano unificare le varie tipologie distributive e che, anche in Italia, sorgano negozi dedicati globalmente alla casa e non solo a sezioni di essa?

Non è utopico, già ci sono, basta pensare a Ikea. Però stiamo parlando di grandi superfici, cioè di quelle realtà di vendita che, neanche in passato, hanno sofferto dei lacci e lacciuoli rappresentati dalle licenze merceologiche rigide. Troppo presto ci siamo scordati che la distribuzione italiana del dopoguerra è rinata e si è sviluppata per cinquant’anni sotto le regole assurde delle limitazioni delle tabelle merceologiche. Questi limiti non li ha avuto nessun altro in Europa e hanno inciso culturalmente più di quanto pensiamo sui nostri specialisti. Non credo quindi che sia un sogno irrealizzabile vedere negozi di questo genere come già esistono all’estero, però ci vorrà molto tempo e certamente la situazione economica attuale non aiuta a rendere più rapida la sperimentazione.

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