Voi cosa ne pensate?

di Sergio Coccia

Il vantaggio della verità

Lo so. Quello che vi propongo ora è un ragionamento che ha una forte componente utopica, probabilmente irrealizzabile nella quotidianità di tutti i giorni. Vi parlerò del beneficio impagabile della verità (perciò non solo come valore etico assoluto) anche nelle piccole problematiche di ogni giorno, quindi anche nel rapporto tra consumatore e negoziante e negli (eventuali) acquisti che ne conseguono. Cliente da decenni di una formula di pay tv, mi ritrovo a dover risolvere un problema: il rinnovo del materiale tecnico di ricezione provoca un aggiornamento del contratto al quale viene inserita senza che io lo sappia una parte non desiderata che appesantisce il mio canone mensile del cinquanta per cento. Me ne accorgo solo il mese successivo, verifico nell’area clienti del sito di riferimento se posso fare qualcosa – ovviamente non si può cancellare nulla del contratto ma solo “aggiungere” – e contatto immediatamente il servizio cliente telefonico. Risponde il “solito” call center non si sa da dove che la mia richiesta di cancellazione verrà immediatamente lavorata e già dalla prossima scadenza mensile non mi verrà più addebitata.

La faccio breve: cinque mesi e cinque telefonate, cinque risposte più o meno uguali, cinque addebiti (ovviamente), fino all’ultima chiamata – la sesta – nella quale la mia usuale educazione ha lasciato il campo all’ira e alla minaccia di rivolgermi ad Altroconsumo e a qualsivoglia altra organizzazione di difesa dei consumatori. È così che si materializza il miracolo: l’operatore all’altro capo del cavo in cinque minuti cinque disattiva la parte di fornitura a me non gradita e mi invita a verificare la composizione del mio contratto direttamente sul sito. La magia si completa. Il mio contratto è tornato quello originale e io mi sento coccolato e assistito come non mai. Ma l’effetto dura pochi secondi. Sarà perché ho superato i “50”, sarà perché l’arrabbiatura era forte, mi sorge spontanea una domanda che riporto immediatamente al mio interlocutore: ma se era così semplice risolvere la questione perché siamo dovuti arrivare alle minacce per ottenere il risultato? La risposta è pressoché candida: ho utilizzato una procedura usualmente non permessa, da adottare solo in presenza di utente problematici (tradotto, infuriati e sul punto di mandarli a quel paese). Quindi gli operatori precedenti non potevano – seguendo ordini superiori – adire alla soluzione se non in presenza di urla e minacce? No, prosegue il mio operatore, forse i miei colleghi non hanno gestito nel miglior modo la sua pratica, poiché non hanno segnalato ad altri – sempre i superiori immagino – le mie necessità. Questa è la pilatesca risposta. Più facile dare addosso a irrintracciabili colleghi piuttosto che accusare il “Grande Fratello” in probabile ascolto.

Bene: dov’è la verità? Sono convinto che la procedura sia ben precisa e standardizzata. Finché non urla, il cliente si prende in giro, magari si stufa e continua a pagare. Ma qual è il risultato? Per ora non rinuncio ai film – confesso di essere un maniaco – ma appena possibile abbandonerò questo fornitore, sconsigliandolo in forma privata a chiunque sia mio amico. Nel mio piccolo hanno trovato un nemico. Una disavventura che, più o meno, capita a tutti, alle prese con operatori telefonici o di qualsivoglia fornitura. In questa situazione che suggerisce l’essere consumatore/vittima perenne, il trovare un negoziante che dica il vero, che sia consigliere non disinteressato ma “interessato il giusto” potrebbe provocare una reazione estasiata e, addirittura, un acquisto d’impulso. In un mercato dominato dalla sensazione che tutto è falso e orientato a fregarti, un comportamento virtuoso può, di per sé, rappresentare lo strumento massimo di fidelizzazione. Altro che compratore infedele: se trovo un negoziante che mi dice il vero, non lo mollo più!

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