Merletto, ovvero il nodo che diventa poesia

Il ricamo, fin dalla sua radice etimologica (lemma che deriva dall’arabo “raqm”) affonda le sue radici nell’antichità, mentre il merletto si affaccia alla storia nel Medioevo. La parola merletto deriva dai merli, da quegli elementi architettonici a coronamento di edifici medioevali di palazzi e torri, che consentivano riparo dall’offesa delle frecce delle balestre e permettevano al difensore di controllare il nemico. La parola “pizzo” sottolinea la somiglianza tra le dentellature di filo e le vette dei monti. Il termine “trina” pare derivi dalla contrazione del rinascimentale “tarneta” e indica elementi decorativi per abbigliamento come bordure di dimensioni ridotte.

Riconoscere falsi e qualità

Saltiamo ai giorni nostri ed entriamo nell’attualità: che sia ricamo o merletto, oggi siamo di fronte a lavorazioni realizzate per la maggior parte grazie a macchine computerizzate. Non c’è da scandalizzarsi anche perché la lavorazione manuale, che esiste ancora anche se sempre più rara, sconfina direttamente nell’arte, sia per i tempi necessari alla realizzazione di un capo in tal modo rifinito, sia per gli evidenti costi che quest’ultimo necessariamente avrà. Non solo, essendo appunto un fatto “d’arte manuale” entrano in campo anche valori di autenticità che competono il territorio, la storia, la cultura del posto e il corretto utilizzo di tecniche e materie, esattamente come per la definizione “doc” di vini e cibi. Tanto per fare un esempio: le innumerevoli copie artefatte del Pizzo di Cantù sono, spesso e volentieri, realizzate a mano (quelle a macchina sono talmente grossolane che anche un cieco le riconoscerebbe) da stuoli di artigiane cinesi, indiane o quant’altro, ciò però non cancella il fatto che sono falsi. A uno sguardo non accurato la copia potrebbe sembrare identica all’originale – perché molte di queste artigiane sono davvero brave – ma nella realtà le differenze sono molte. Per rilevare le differenze tra i pizzi o merletti d’importazione e gli originali canturini eseguiti con i fuselli bisogna esaminarli attentamente al rovescio e controllare il filo di cotone, che per i pizzi di Cantù è fabbricato in esclusiva in Italia e ha un titolo e una qualità assolutamente verificata ed esclusiva. Inoltre le “spranghette” che sostengono il disegno, nella copia lo sormontano, mentre nell’originale no; in ultimo il pizzo falso una volta lavato sarà rigido e legnoso al tocco mentre l’originale rimarrà morbido nel tempo. Scoprire la copia è un esercizio difficile e professionale, non alla portata di tutti: l’unico modo che ha l’acquirente per difendersi dai falsi è quello di richiedere un certificato di provenienza come garanzia d’autenticità del pizzo e merletto. Tutto ciò anche perché stiamo parlando di oggetti di costo importante, che solo nel caso di verificabile autenticità acquistano valore nel tempo: un asciugamano bordato con Pizzo di Cantù autentico costa tra i 150 e i 200 euro, state lontani dalle copie proposte come affare a 50 euro o meno, sono falsi assoluti. Ancor più ampie le differenze nel caso di una tovaglia: se il falso può essere proposto a 200/300 euro (comunque una bella cifra), la tovaglia autentica può raggiungere anche 1500/2000 euro. È evidente che siamo nel campo dell’esclusività assoluta.

Se lasciamo l’ambito della lavorazione manuale e ci concentriamo sulle lavorazioni a macchina scopriamo che in questo caso non si parla di autenticità ma di qualità. Come riconoscere un pizzo di valore da uno scarso? In prima battuta sicuramente il tatto gioca una parte fondamentale: in assenza di etichette (e per questo lavorazioni non ci sono mai), questa è la sensazione più importante. Un pizzo sintetico di scarsa qualità, a parte la trama molto larga che potrebbe evidenziare, scricchiolerà tra le dita se schiacciato e “gratterà” la pelle se passato su di essa. Qualunque sia il costo del capo d’abbigliamento o d’arredamento rifinito in tal modo, statene lontano, sono soldi buttati via. Ma anche il pizzo sintetico può essere di buona qualità: non scricchiolerà e sarà morbido al tatto. Nel caso di pizzi realizzati con filati naturali come il cotone (per esempio il Sangallo) valgono le stesse valutazioni che si applicano per il capo finito: la morbidezza e la precisione del disegno sono determinate dalla qualità del filato, a cui si aggiungono l’assenza di fili isolati e la precisione delle “attaccature tra pizzo e tessuto. Inoltre, sempre per il pizzo in cotone anche una rapida analisi visiva gioca a vostro favore: pizzi grossi e spessi saranno imprecisi e di poca qualità, quindi anche duri e rigidi, mentre più fine è il filato e precisa la lavorazione e meno “grezzo” e accennato apparirà il merletto. Difficile dare una valutazione di prezzo da questo punto di vista: di solito il merletto è una componente d’arricchimento del capo quindi, se non si è specialisti che conoscono i prezzi industriali della componente, è impossibile determinare il valore reale dell’accessorio entro il prezzo finale del prodotto.

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