Intervista a Gianluigi Zenti – Direttore Academia Barilla

Ne parliamo con Gianluigi Zenti direttore di Academia Barilla, centro voluto dal brand per diffondere, promuovere e sviluppare nel mondo la cultura gastronomica italiana.

Lavorare sulla specificità, sui territori è la grande sfida del futuro. L’Italia per conformazione geografica ma anche per le sue vicende storiche e culturali è in grado di offrire proposte prodotto molto differenti. La sfida è proprio questa, produrre prodotti di alta qualità, legati alla tipicità: questa possibilità di diversificazione, anche se può sembrare un paradosso, è proprio uno degli elementi caratterizzanti del Made in Italy. Un tema che proprio nell’anno della celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia porta a una riflessione: unità non significa omologazione, bensì la valorizzazione delle diversità (anche come fattore strategico all’estero), siamo infatti l’unico Paese in grado di proporre una cucina estremamente variegata ma sempre di qualità. Una specificità verso cui il consumatore è molto attratto soprattutto all’estero, basti pensare ai ristoranti di New York caratterizzati per menù regionali“.

Allora parliamo proprio di comunicazione: come è possibile raccontare questi valori in Italia e anche all’estero?
Una volta i principali ambasciatori della cucina italiana erano i ristoranti. Oggi non bastano più, il consumatore vuole approfondire le proprie conoscenze: è necessario fare cultura gastronomica e le prime a doverla fare, secondo me, dovrebbero essere le aziende alimentari. Indicatore di questo interesse è sicuramente il successo che stanno ottenendo le trasmissioni televisive e i libri più o meno validi su questi temi (basti pensare ai bestseller della Parodi). C’è un desiderio diffuso di cultura gastronomica, voglia di andare a fondo sulle qualità dei prodotti alimentari, sulle loro radici culturali, sulle preparazioni che possono valorizzarli, il tutto in un’ottica di attenzione alla qualità del vivere. Un concetto che ha origini lontane, fin dell’antichità si associa infatti il concetto di felicità a quello del buon cibo. Ad esempio un volume dell’800 conservato nella nostra biblioteca e intitolato “L’arte di essere felici” indica come elementi cardine per il raggiungimento di questo obiettivo l’amare e l’essere amati, il vivere in una casa confortevole e il godere di una buona cucina“.

In che modo si può rispondere realmente a questa sensibilità diffusa?
Una volta rilevato questo indicatore di tendenza bisogna passare all’executive. In realtà in questo senso credo che si pecchi troppo spesso di superficialità, sono convinto che la vera strada da seguire sia quella dell’esperienzialità, credo sia molto utile dare la possibilità di fare esperienza del cucinare attraverso, ad esempio, la proposta di corsi facili e accessibili. Un percorso che l’estero, soprattutto gli Stati Uniti, sta già intraprendendo: la catena di supermercati Whole Food, specializzata in prodotti alimentari di alta qualità e naturali, oltre a diversificare parte degli assortimenti secondo le esigenze locali, organizza all’interno degli spazi di vendita corsi di cucina. Lo stesso vale per la catena “Sur la table” che affianca cooking class in 30 dei suo 75 punti vendita. Tengo a ribadire che questa funzione di stimolatore culturale dovrebbe venire proprio dall’industria alimentare, che non dovrebbe pensare solo a mettere il prodotto sullo scaffale, ma anche a insegnare come utilizzarlo e valorizzarlo“.

In quest’ottica come si colloca l’esperienza di Academia Barilla?
Academia Barilla nasce nel 2004 con la mission di promuovere la cultura gastronomica italiana nel mondo (ma in realtà anche nel nostro Paese). Una mission che si declina attraverso differenti attività: la selezione e la proposta di prodotti tipici alto di gamma, la realizzazione di corsi di cucina accessibili che sono vere e proprie cooking experience, la proposta di tour enogastronomici, la realizzazione di libri di cucina con forte contenuto culturale e la creazione di una biblioteca gastronomica italiana. Un progetto accolto all’inizio con scetticismo che sta ottenendo invece risultati incredibili, basti pensare che attualmente sono passate dai nostri corsi quasi seimila persone“.

Un’ultima considerazione: il link foodobject può essere utilizzato come strumento di marketing anche nel retail?
Certamente, credo sia molto interessante e peraltro ampiamente collaudato negli Stati Uniti da realtà come William Sonoma e Sur la table; quest’ultimo è nostro cliente ormai da tre anni e insieme stiamo ottenendo ottimi risultati proponendo non solo i nostri prodotti gastronomici ma anche i nostri corsi e i nostri tour gastronomici. Credo che lavorare su modelli di questo tipo sia vincente, il valore aggiunto sta proprio nell’abbinamento di strumenti, prodotti, ricette“.


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