Sostenibilità. La voce del progettista_intervista a Angelo Micheli

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Tavoli e sedute modello Riva di Cassina per Garage Italia.

Dialogo con l’architetto Angelo Micheli, Direttore aMDL Circle – architetto Michele De

©LaizaTonali

Lucchi, sul tema sostenibilità nella progettazione e nel design.

Parliamo di sostenibilità… Qual è il suo punto di vista in quanto progettista circa il ruolo del design e della creatività in generale sul tema? Direi che si tratta più del tema della responsabilità che della sostenibilità, perché la responsabilità è proprio quella di capire se un progetto è corretto farlo oppure no. A volte bisogna essere coraggiosi e lanciare il tema: è corretto o non corretto realizzarlo? E questo provoca dei grossi cambiamenti perché fa scegliere strade diverse dal dare forma a un progetto per forza.

Nel suo lavoro come traduce valori e istanze sostenibili? In realtà, tutto è sostenibile. È un po’ una parola che si usa perché fa parte di questo periodo… Un progetto, che sia di design o di architettura, deve considerare molti aspetti e non solo il fatto di iniziarlo e farlo bene, ma capire nel tempo questo progetto che valore può avere, soprattutto in architettura… il suo valore, il suo costo reale è non l’inizio ma è alla fine della sua vita. Il tema dei materiali implica un’attenzione all’uso, al riuso e allo smaltimento, che va considerata sin dall’inizio di un progetto. In passato era una questione poco considerata; oggi bisogna chiedersi: quale sarà il futuro di questo edificio? Quali problemi può creare questo tipo di materiale? Anche l’architettura si può coltivare, pensando anche alla sua possibilità di recupero e riutilizzo per altre funzioni future.

La società è sempre più definita dalla sharing economy, come si conciliano etica e sostenibilità con il tema del dono? L’etica si concilia con il dono perché progettare è in realtà un dono. Il progettista deve progettare per le persone, non lo fa per se stesso ma per il piacere di offrire qualcosa di speciale agli altri. Il dono più grande è far sì che questa progettazione si trasformi in qualcosa di speciale per chi poi realmente la utilizzerà.

Personalizzazione per Garage Italia delle sedute modello 298 di Cassina.

Cosa significa oggi ideare progetti e prodotti sostenibili per la domesticità? Come Studio ci teniamo che un progetto sia sostenibile e che impieghi materiali riciclabili ed ecologici in tutto. Ma il nostro primo obiettivo è quello di pensare alle persone che faranno quella attività. Partiamo prima dal progetto e facciamo capire quali sono i cambiamenti, quello che manca. Anche nell’industrial design non partiamo in realtà dal fatto che dobbiamo disegnare una sedia o una cucina, ma ci immaginiamo un ambiente diverso per progettare nuovi oggetti. Il tema è: l’architettura e come vivere l’architettura, perché ci contiene. L’architettura è un luogo speciale, gli oggetti prendono forma da questa nuova prospettiva. La cucina si trascina ancora in quello che è il sistema degli anni ‘50 americano, che all’epoca era stupendo. Oggi il tema è quello del frammentario: si appoggia un pezzo che non c’entra niente e dà ancora più valore, nella frammentazione tutto diventa quasi più artistico e meno industriale, anche se gli oggetti sono prodotti industriali. La cucina è un laboratorio, è un luogo dove uno porta la base per cucinare, che sia un pomodoro che sia la farina, e poi li trasforma… la cucina va utilizzata e va utilizzata dico anche male, nel senso che va proprio vissuta: se c’è un tavolo va sfruttato, va sporcato e poi ripulito, ma va sfruttato perché la cucina e il mobile sono al servizio del cibo e di chi lo sta cucinando.

Si nota un certo interesse da parte dei consumatori per il recupero della gestualità, anche gesti “antichi”, come per esempio quello della preparazione del caffè con la moka… cosa ne pensa? L’alluminio ha questa caratteristica, che rende migliore il caffè! Si sta tornando a quello che era il lato più umano del produrre il cibo, quindi, proprio a sporcarsi le mani… Coltivare qualcosa è come coltivare i progetti: è lo stesso. E anche un progetto si deve coltivare. D’altra parte, è proprio il concetto iniziale quello che darà il frutto finale a un progetto che non è standardizzato.

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