We love textile

di Sergio Coccia

“We Love Textile”. Tre parole. In inglese naturalmente, ma talmente assonanti ai titoli di mille canzoni da essere comprensibili a chiunque. Tre parole che contengono il “tutto” necessario a comunicare l’essenza assoluta e immutabile del complemento tessile d’arredamento: la sua capacità di mutare l’aspetto dell’abitare rapidamente, economicamente, facilmente e radicalmente. Geniale nella sua semplicità ed efficacia. E complimenti alle associazioni di categoria e a quel folto gruppo di negozianti indipendenti che ci hanno pensato. Che ne hanno fatto l’asse di una campagna pubblicitaria microdiffusa e a basso costo. Che hanno inondato le strade sulle quali si affacciano le loro vetrine con migliaia di cartoline con questa breve e fondamentale dichiarazione. Che hanno incuriosito e stimolato un consumatore annichilito dalla crisi con questa semplice verità: con un pezzo di tessuto e poca spesa si cambia l’aspetto della propria casa. Ooops… scusate, ci siamo sbagliati! Non sono stati loro…

Non ci ha pensato un settore industriale che occupa (per ora) ancora migliaia di addetti e continua a declarare la potenza del “Made in Italy”. Non ci hanno pensato quelle centinaia – o migliaia se li contiamo tutti, anche quelli in forte debito d’ossigeno – di negozi indipendenti che hanno fatto la storia del comparto dal Dopoguerra ad oggi. Invece ci ha pensato quel gigante che ha negozi sparsi in tutto il mondo con le pareti blu e la grande scritta gialla e che propone l’omologazione abitativa ovunque, con le case carta carbone all’Isola di Pasqua come a Capri. Non ne faremo il nome, esattamente come nel magico mondo di Hogwarts e di Harry Potter non si cita mai il nome di Voldemort, il cattivo per eccellenza, sostituendolo con l’allocuzione “…tu sai chi”. Ebbene è stato proprio “chi sapete voi” a creare questo semplice slogan e a tappezzarne i suoi negozi. “Chi sapete voi”: cioè il mobiliere più conosciuto al mondo, quello che vende da solo un numero di armadi, cucine, letti, comodini, o quello che volete voi, più alto in un giorno di tutta la distribuzione italiana in un anno (non ne ho la certezza ma potrei scommetterci). Eppure questo imperatore del “duro” lancia una campagna potente sul “morbido”, sul tessuto, sul tessile confezionato. Perché? Non sarà forse che la frontiera del complemento tessile d’arredo ha ancora molto da dire, soprattutto in periodi di crisi dell’abitazione: intesa come crisi delle costruzioni, crisi delle vendite di nuove case (e quindi, magari, necessità di rinnovare l’esistente), crisi del mobile, eccetera?

Faccio un piccolo inciso: stampare diecimila volantini a quattro colori formato A4 su internet costa meno di 150 euro, quindi non mi si venga a dire che sono campagne pubblicitarie costose e impossibili perché il settore – produttivo e distributivo – non ha soldi! È una questione di buona volontà e lungimiranza. Evidentemente “chi sapete voi” queste prerogative le ha.

 

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