Una coperta per amica

Non è solo un complemento tessile d’arredo, è un prodotto complesso, vero alleato della natura, oggetto simbolico, amico inseparabile. È il frutto di tecnologie ed esperienze tessili che hanno una storia. Insomma è una merce di valore. Non a caso dura un sacco di tempo ed è percepito, normalmente come un capo di qualità. Ma non è solo questo: cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sul vero valore del manto naturale, sulle sue differenze qualitative, sui suoi prezzi e su come non cadere in acquisti sbagliati.

Nel 1954, per la prima volta, Linus Van Pelt, personaggio chiave della striscia fumettistica Peanuts, appare al fianco della sua immancabile coperta azzurra. Più che uno strumento, la “coperta di sicurezza” – come la definisce lui – è un totem, l’identificazione diretta della soddisfazione del bisogno di protezione. Non a caso, Linus è una sorta di filosofo del gruppo di personaggi ideati da Charles Schulz, citando in continuazione le Sacre Scritture. Se ci soffermiamo un attimo a pensare, la coperta ci accompagna per tutta la vita: al primo vagito veniamo avvolti in una coperta e, per tutto il resto dei nostri giorni, durante il sonno, siamo “coperti” da qualcosa. Per questa ragione, al di là di gusto, materie, modelli, stili o quello che si vuole, stiamo parlando di un oggetto presente in qualsiasi sistema di sopravvivenza a qualsiasi latitudine. Nello specifico, nel nostro vecchio continente, la coperta in lana è il vero e proprio “evergreen” del tessile casa.

Le prime tracce di coperte vere e proprie risalgono alla Spagna del XVIII Secolo, nella regione della Catalogna. E via così per centinaia d’anni. Cinquant’anni fa lo slogan con cui Somma conquistava la notorietà era “Una coperta per la vita”: una sorta di suicidio di marketing per le vendite ma, onestamente, niente di più vero dal punto di vista del consumatore. La vita media di una coperta è oltre i quindici anni ma, sovente, è un oggetto tessile che “si eredita”. Nella percezione del cittadino comune la coperta assume diversi gradi d’importanza, a seconda dell’utilizzo che se ne fa ma, indiscutibilmente, quella matrimoniale per il letto, è componente primaria di ogni corredo – sia ereditato che acquistato come primo impianto – e viene normalmente valutata come capo prezioso. L’approccio comune all’acquisto, soprattutto negli ultimi anni, ha seguito tale percezione: se di coperta se ne acquista una, se non per la vita quantomeno per molto tempo, tanto vale che sia bella e di buona qualità. Per questa ragione l’offerta è abbastanza chiara e distinguibile ed è facile evitare fregature e acquisti non soddisfacenti.

Pura lana, innanzitutto

Cominciamo col chiarire il concetto base nella scelta di una coperta in lana: la materia base è assolutamente naturale – la più ecosostenibile in assoluto – e ve n’è di diverse qualità, più il manto dell’animale è selezionato, più il filato che ne deriverà sarà fine e, a parità di peso del capo finito, avremo maggior valore calorico. Per essere più chiari se una coperta invernale in lana Nuova Zelanda (sommariamente definita Shetland) pesa circa 450 grammi al metro quadro, un capo con uguale potere calorico in lambswool peserà circa 380 grammi al metro quadro; e via così fino al puro cashmere che scalderà egregiamente nella stagione più fredda pur avendo un peso al metro quadro attorno ai 270 grammi. Vedremo meglio la suddivisione delle varie qualità più avanti, partiamo però dal presupposto che la prima valutazione del consumatore nell’acquisto di una coperta in lana deve riguardare il marchio “Pura Lana Vergine” oggi diventato “Woolmark” cioè il marchio di qualità produttiva internazionale, promosso nel 1964 dalla “I.W.S.” (International wool secretariat), ente senza scopo di lucro che raccoglie i produttori di lana di oltre 30 paesi.

Già la presenza di questa etichettatura tessile garantisce la qualità della materia naturale, tutto il resto sono denominazioni a valore commerciale che possono essere più o meno veritiere. Per farla breve, oltre al “Woolmark” che ha valenza internazionale, le altre attestazioni sulla qualità vengono garantite dalla marca, non ci sono altre etichette supportate da leggi o capitolati internazionali. In pratica se su una coperta c’è scritto che è in puro lambswool merino solo la marca che espone tale etichetta si assume la responsabilità di ciò che afferma. Quindi, come in molti altri comparti merceologici, il consiglio primario è stare lontani dai prodotti smarcati. Se poi non c’è il logo “Woolmark” originale, evitate semplicemente l’acquisto.

Torniamo alle qualità più diffuse di lana: la più comune è la lana Nuova Zelanda, per intenderci quella ritenuta più grezza e ispida nell’abbigliamento usualmente definita Shetland, si tratta del filato meno pregiato e più pesante (come dicevamo, una coperta in Nuova Zelanda invernale pesa 450 grammi al metro quadro); a seguire salendo di qualità troviamo il lambswool, un filato più fine e quindi con un peso finale sullo stesso capo di 380 grammi al mq: ancora più su scopriamo il merino extra-fine, in pratica un filato che nasce dalla lana selezionata di una sola parte del vello dell’agnello, caratterizzato da una morbidezza superiore e da un peso che varia tra i 300 e i 320 grammi al mq. Infine il cashmere che, a seconda delle varie qualità, si colloca però mediamente sotto i 270 grammi al mq. Evidenti quindi le differenze: una coperta in cashmere, certamente molto più cara, sarà però molto più leggera e confortevole al contatto con la pelle.

Rispettando la stessa scala avremo prezzi medi coerenti: una coperta matrimoniale in Nuova Zelanda avrà un prezzo al pubblico variabile tra i 120 e i 160 euro; quella in lambswool si assesterà tra i 200 e i 300 euro (e qualcosa di più se si tratta di merino extra-fine); infine il cashmere non si troverà mai sotto i 400 euro e potrà arrivare persino a 200 euro per le mischie più esclusive. Eh sì, perché entrando nel mondo del cashmere, varchiamo la soglia di prodotti di una certa esclusività e di prezzi conseguenti. La mischia tra cashmere e lane diverse serve appunto per contenere il prezzo poiché il filato pregiato ha prezzi sempre più elevati. Teniamo presente che, normalmente, la mischia avviene in fase di tessitura: puro cashmere per la trama e pura lana per l’ordito, ovvero il filo di legatura dell’intreccio tessile. In questo modo il contatto con la pelle sarà comunque col cashmere e la qualità sostanziale per capo non cambierà. Poi ci sono le mischie dirette nel filato, mediamente si trova il 50% cashmere e 50% lambswool, ma si può arrivare anche all’80% lambswool e 20% cashmere: di solito in questo caso si usa un ottimo filato lambswool e un cashmere medio e si ottiene comunque un prodotto di notevole comfort. Stanno poi crescendo mischie più originali – per esempio tra Nuova Zelanda e viscosa – per ottenere prodotti di alta morbidezza: costa, più o meno, come la lana ma è più soffice.

 La stagione della coperta

La stagionalità per il capo coperta è un concetto che si è molto evoluto negli ultimi tempi. Complice di ciò, certamente, l’evolversi del comfort nelle case, soprattutto per ciò che riguarda il riscaldamento. Quella che una volta era la regina del vestito per il letto, cioè la coperta invernale, oggi può risultare davvero pesante e troppo opprimente in un appartamento moderno di città. E poi ci sono i cambiamenti nelle abitudini di consumo e di preferenza: sovente la coperta si usa in “appoggio” a un piumino e quindi deve essere leggera. La definizione “coperta primaverile” è però una forzatura commerciale: in realtà non esiste, a voler essere corretti potremmo dire che esistono due classi “vere di capi per la copertura pesante del letto, la coperta invernale (questa sì) e le coperte per tutte le altre stagioni che si aggirano attorno ai 300 grammi di peso al metro quadro. Anche d’estate? Certo, anche d’estate. I caratteri peculiari del manto naturale, infatti, sono primariamente la capacità della lana di rendere un valore d’igroscopicità – cioè la capacità di assorbire e rilasciare all’esterno l’umidità – altissimo. Non solo. È altrettanto importante capire che la coperta in lana non scalda, è isolante, mantiene semplicemente la temperatura dei corpi con cui è a contatto: perciò, se da un lato c’è una temperatura di 37 gradi e dall’altro di 50 o più, queste restano invariate (per questo gli abitanti del deserto portano mantelli di lana anche sotto il sole!). Se avvolgiamo un uovo sodo bollente in un vello di lana merino e lo mettiamo in freezer, resterà caldo per molto tempo, allo stesso modo, se avvolgiamo un cubetto di ghiaccio e lo mettiamo a contatto con una fonte di calore, non si scioglierà. Questa caratteristica si chiama potere isotermico.

Il valore della copertura naturale per il sonno

La coperta in lana non è solo un prodotto, è un progetto. Che sia in tinta unita o a lavorazione jacquard, quindi decorata, scozzese o stampata, è il frutto di una progettazione che parte dal filato, passa per la tessitura e termina con processi di finissaggio che ne mutano ed esaltano la mano. Questo processo industriale ha una valenza decisiva e, fattore da non trascurare, è difficilmente omologabile dove esperienza non c’è. Non è un caso che le imprese industriali specializzate hanno decenni, se non secoli, d’esperienza. Ecco un’altra ragione per fidarsi della marca innanzitutto ed ecco perché, di fatto, una coperta matrimoniale che costa al pubblico meno di 120 euro deve far sospettare. Per quanto riguarda le valutazioni in termini di valore proprio del processo di lavorazione, in linea di massima possiamo dire che le coperte in tinto in filo sono quelle più pregiate perché la definizione della tessitura jacquard viene resa nel modo migliore. Ciò che però fa la vera differenza sono i finissaggi e la garzatura. Dopo la tessitura, infatti, il tessuto piano che diventerà coperta passa da una fase molto delicata che mira a “estrarre” il pelo e dare spessore e morbidezza al capo finito. Possiamo dire che se qui si sbaglia si rovina completamente la coperta. Ecco spiegato perché stiamo parlando di un prodotto complesso e vitale, sulla cui qualità non bisogna scendere a compromessi.

E veniamo all’annosa questione della salubrità. Con una certa ciclicità appaiono sedicenti articoli esperti che dichiarano quanto sia pericolosa la lana per le allergie. Facciamo chiarezza, una volta per tutte. È una vera e propria fandonia – per essere gentili, – non solo la lana non favorisce in alcun modo l’habitat dell’acaro (un problema che riguarda invece materasso e guanciale) ma, in alcuni casi, per esempio in quello del merino extra-fine, ha addirittura proprietà anti-acaro proprio perché vi è assenza di umidità e calore, ovvero l’ambiente ideale per la proliferazione di questi odiosi piccoli animaletti. Infine, da non dimenticare, la lana è naturalmente ignifuga.

Infine c’è l’argomento della ecosostenibilità. Forse non tutti hanno riflettuto su questo aspetto tuttavia si tratta, nel caso della lana, del prodotto della natura meno invasivo per i cicli di vita della terra, degli animali e dell’uomo. Prima di tutto allevamento e non coltivazione: quindi niente concimi, niente acqua sprecata, niente terra spremuta. E poi allevamento ciclico, cioè l’animale sopravvive alla tosa: questa è operazione millenaria e non provoca nessun danno all’animale, anzi, il poter ripetere la tosa più volte possibile è la vera ricchezza per l’allevatore.

Insomma acquistare una coperta in lana è senz’altro impegnativo dal punto di vista economico, ma si tratta di un investimento di ottima qualità e, tutto sommato, facile da realizzare senza il rischio di prendere abbagli e fregature. E il comfort notturno ne trarrà indiscutibili vantaggi.

La (facile) manutenzione della coperta

Se volete fare un po’ di pesistica gratuita potete anche programmare il lavaggio della coperta in casa, comunque mai in lavatrice e sempre a mano, ma il comportamento più semplice è portarla in tintoria almeno una volta all’anno. Un lavaggio del genere basta e avanza, salvo eventi particolari, se associato alla indispensabile abitudine di arieggiarla prima di rifare il letto ogni giorno. Insomma, chiedete alla vostra nonna e vi spiegherà tutto. Non è cambiato niente.

Una puntualizzazione importante riguarda la supposta perdita di pelo della coperta che, secondo alcuni, ne inficerebbe la qualità. Anche in questo caso siamo di fronte a leggende. La coperta, dopo la tessitura, viene garzata (estrazione del pelo) e poi passa in un impianto che si chiama bruciapelo per rendere il piano coperta uniforme e togliere le imperfezioni. Tuttavia questo passaggio non elimina tutta la peluria superficiale. Quando il capo viene estratto dalla confezione perderà comunque un po’ di pelo superficiale per effetto della garzatura, ma tale comportamento finirà presto e la coperta non ne perderà più. Quindi non preoccupatevi, se proprio vi da fastidio, armatevi del più classico dei “battipanni”, ammesso che se ne trovino ancora, e dategli una sonora scrollata all’aperto. Il problema sarà risolto.

Pura Lana Vergine, marchio di cui fidarsi

La certificazione pura lana vergine (internazionalmente Woolmark) rappresenta un marchio di qualità produttiva internazionale, promosso nel 1964 dalla “IWS” (International wool secretariat), ente senza scopo di lucro che raccoglie i produttori di lana di oltre 30 paesi. Una curiosità: è stato disegnato dall’ italiano Franco Grignani e attribuito ufficialmente, ma erroneamente, a Francesco Saroglia.La Woolmark Company (attuale titolare della certificazione Woolmark) promuove la lana tramite il controllo qualità del prodotto, applicando un sistema di certificazione universale con specifiche restrittive e standard qualitativi definiti. Il significato del termine Pura Lana Vergine è fondamentalmente distinguibile fra le due parti:

Pura Lana: che sta a significare la presenza di sola lana all’interno del capo con una tolleranza massima del 7,3%

Vergine: ovvero che la lana usata si tratta di lana di tosa, e non rigenerata o recuperata da lavorazioni industriali

Il Marchio di certificazione è presente dal 1964, quando venne creato dal Segretariato Internazionale della Lana (IWS), è stato concesso gratuitamente fino al 1994, quando, a causa di un crollo vertiginoso del prezzo della lana, la IWS ha chiesto alle imprese un contributo per la licenza d’uso, al fine di reperire nuovi fondi per sostenere l’immagine della lana stessa. Il marchio è registrato in 117 Paesi.

 

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