Lo stile Bauhaus compie 100 anni

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Bauhaus building a Dessau ©Tillmann Franzen

Sono passati cento anni dalla nascita della scuola Bauhaus, l’istituto di architettura e design ideato dall’architetto Walter Gropius, che fu la culla del movimento moderno e considerata emblema dello stile razionalista. Fondata a Weimar nel 1919, trasferitasi a Dessau nel 1925 e infine chiusa a Berlino con l’avvento del Nazismo nel 1933, ebbe solo 14 anni di attività ma il suo manifesto bastò a gettare le basi per lo sviluppo di una corrente d’avanguardia che influenzò la creatività di tutta Europa e diffuse anche oltreoceano quella che è tutt’ora considerata la metodologia per una progettazione moderna.

Alla direzione dell’istituto, a Gropius si avvicenderanno personaggi del calibro di Hannes Meyer e Ludwig Mies van der Rohe, e tra i docenti si contano Wassilij Kandinskij, Paul Klee, Marcel Breuer e Lazlo Moholy-Nagy. Quell’idea rivoluzionaria di un insegnamento dell’artigianato che si propone di fondere arte e tecnologia preparando alla progettazione per la produzione di massa, unendo l’estetica essenziale dei materiali alla funzionalità d’utilizzo, condiziona ancora oggi il campo del design industriale.

Lo scopo di Gropius era quello di attuare un’attività edilizia del futuro che portasse al centro la nuova figura dell’artigiano – artista e un tipo di progettazione interdisciplinare che attingesse da tutte le forme artistiche – architettura, scultura e pittura -, sfruttando altresì l’industria e la tecnologia per unire la ricerca del bello all’uso pratico, sia nella realizzazione di oggetti e arredi in serie sia nell’architettura.

Anche il nome Bauhaus richiamava volutamente il medievale Bauhutte, o loggia dei muratori, trasformata in laboratorio produttivo per creazioni di design connotate da quello che oggi chiamiamo lo “stile Bauhaus”: forme rigorose, segni geometrici e uso di colori primari, senza eccessive decorazioni ma con un’attenzione speciale per la funzione.

Durante il movimento Bauhaus sono state realizzate significative architetture in puro stile razionalista, a partire dal complesso scolastico di Dessau (progettato dallo stesso Gropius, tuttora in perfette condizioni e visitabile). Ma ancora più ampia è l’eredità di articoli in serie, fedeli a quel principio di semplificazione delle cose pronunciato da Mies van der Rohe nella frase “Less is more” che, a distanza di un secolo, sono considerati vere e proprie icone del design.

Tra essi la teiera di Marianne Brandt, realizzata nel Laboratorio di design industriale del Bauhaus tra il 1925 e il 1927, oggi disponibile nelle riedizioni in lega d’argento di Terry Tynan o Tecnolumen; le sedie Wassily e S32 e S64, di Marcel Breuer e prodotte rispettivamente da Knoll e Thonet; la sedia Barcellona di Mies per Knoll, il tavolino E-1027 di Eileen Gray, ora rieditato da ClassiCon, e la lampada MT8 o Bauhaus Lamp, di William Wagenfeld e Carl Jakob Jucker, riprodotta attualmente da Tecnolumen.

Tuttavia anche nel periodo del secondo dopoguerra le collaborazioni tra i maestri del Bauhaus e l’industria contribuirono a invadere il mercato con bellissimi oggetti per la tavola ancora di uso comune, dal design innovativo e dal prezzo accessibile.

Max e Moritz, Sale e pepe sviluppati da Wagenfeld negli anni 50 per WMF

Come la saliera e la pepiera Max e Moritz, il porta burro e i portauova impilabili, articoli che Wilhelm Wagenfeld sviluppò negli anni ‘50 per WMF e che ancora oggi fanno parte dell assortimento del brand.

Il moderno e rivoluzionario edificio industriale della Rosenthal progettato da Walter Gropius

Da citare è poi lo storico rapporto tra Walter Gropius e la fabbrica di porcellane Rosenthal, che nel 2017 ha celebrato il 50° dello stabilimento Rosenthal am Rothbühl, progettato proprio dal famoso architetto.

Teiera Tac di Walter Gropius per Rosenthal, una icona senza tempo

Da qui nel 1969 venne lanciato sul mercato il suo geometrico servizio da tè Tac 1, ampliato poi in collaborazione col Creative Center e la Fondazione Bauhaus di Dessau, nella gamma Tac 02.

Oggi è proposto in edizione limitata con la decorazione Stripes, che per l’anniversario dei 100 anni del Bauhaus, diventa Stripes 2.0 e che ha come riferimento proprio i colori dello storico stabilimento.

La collezione di oggetti
e pezzi iconici d’arredo
che Coincasa ha dedicato al centenario
del Bauhaus

Ma in occasione del centenario tanti altri sono gli omaggi del mondo del design alla scuola di Weimar, dalle riedizioni dei prodotti storici alle nuove creazioni liberamente ispirate al suo stile modernista. Inoltre, per celebrare ufficialmente questo importante anniversario, sono già state annunciate diverse iniziative a partire da Bauhaus 100, che si svolgerà in Germania con un programma di eventi sparsi in tutto il paese. L’appuntamento più importante è a settembre, con l’apertura del nuovo Museo Bauhaus Dessau, progettato da addenda architects (González Hinz Zabala).


IL PARERE DEL DESIGNER

intervista a Matteo Ragni

QUALI PRINCIPI DELL’INSEGNAMENTO DEL BAUHAUS SONO ANCORA ATTUALI?

Il Bauhaus è la pietra miliare del pensiero progettuale, lo spartiacque tra un prima e un dopo nel design, come pochi movimenti hanno saputo segnare nella storia recente. Dopo cento anni la sua attitudine alla sperimentazione è più attuale che mai, ma attenzione a non farci ingannare dallo spirito romantico passatista: dobbiamo scrivere noi il futuro con nuovi strumenti e linguaggi, nella speranza di fare di meglio.

QUANTO È IMPORTANTE CHE UN DESIGNER SIA ANCHE UN ARTIGIANO?

Un designer non deve necessariamente essere anche un artigiano, ma è imprescindibile che interagisca con lui nell’unico modo possibile, ossia ascoltando e imparando con umiltà. Solo tramite il dialogo con la sapienza degli artigiani può prendere forma una nuova idea di futuro.

COME INTERPRETA L’ASSIOMA LESS IS MORE?

Troppo facile liquidare qualsiasi progetto con questa frase d’effetto che può voler dire tutto e nulla. Io a questo “less is more” preferisco “do more with less”. Non è mia, l’ho sentita dire da James Irvine anni fa in una chiacchierata e l’ho fatta mia, anche se credo l’abbia coniata Ettore Sottsass.

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